Siroe, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Gran tempio dedicato al Sole, con ara e simulacro del medesimo.
 
 COSROE, SIROE e MEDARSE
 
 COSROE
 Figli, io non son del regno
 men padre che di voi. Se a voi degg'io
 il mio tenero affetto, al regno io deggio
 un successore in cui
5della real mia sede
 riconosca la Persia un degno erede.
 Oggi un di voi sia scelto; e quello io voglio
 che meco il soglio ascenda
 e meco il freno a regolarne apprenda.
10Felice me, se pria
 che m'aggravi le luci il sonno estremo,
 potrò veder sì glorioso il figlio
 che in pace o fra le squadre
 giunga la gloria ad oscurar del padre.
 MEDARSE
15Tutta dal tuo volere
 la mia sorte dipende.
 SIROE
                                          E in qual di noi
 il più degno ritrovi?
 COSROE
                                        Eguale è il merto.
 Amo in Siroe il valore,
 la modestia in Medarse;
20in te l'animo altero, (A Siroe)
 la giovanile etade in lui mi spiace;
 ma i difetti d'entrambi il tempo e l'uso
 a poco a poco emenderà. Frattanto
 temo che a nuovi sdegni
25la mia scelta fra voi gli animi accenda.
 Ecco l'ara, ecco il nume;
 giuri ciascun di tollerarla in pace
 e giuri al nuovo erede
 serbar, senza lagnarsi, ossequio e fede.
 SIROE
30(Che giuri il labbro mio?
 Ah no!)
 MEDARSE
                  Pronto ubbidisco. (Il re son io).
 «A te, nume fecondo
 cui tutti deve i pregi suoi natura,
 s'offre Medarse e giura
35porgere al nuovo rege il primo omaggio.
 Il tuo benigno raggio,
 s'io non adempio il giuramento intero,
 splenda sempre per me torbido e nero».
 COSROE
 Amato figlio! Al nume,
40Siroe, t'accosta e dal minor germano
 ubbidienza impara.
 MEDARSE
                                       Ei pensa e tace.
 COSROE
 Deh, perché la mia pace
 ancor non assicuri?
 Perché tardi? Che pensi?
 SIROE
                                                 E vuoi ch'io giuri?
45Questa ingiusta dubbiezza
 abbastanza m'offende. E quali sono
 i vanti onde Medarse aspiri al trono?
 Tu sai, padre, tu sai
 di quanto lo prevenne il nascer mio.
50Era avvezzo il mio core
 già gl'insulti a soffrir d'empia fortuna,
 quando udì il genitore
 i suoi primi vagiti entro la cuna.
 Tu sai di quante spoglie
55Siroe finora i tuoi trionfi accrebbe.
 Tu sai quante ferite
 mi costi la tua gloria. Io sotto il peso
 gemea della lorica in faccia a morte
 fra il sangue ed il sudore; ed egli intanto
60traeva in ozio imbelle
 fra gli amplessi paterni i giorni oscuri.
 Padre, sai tutto questo; e vuoi ch'io giuri?
 COSROE
 So ancor di più. Fin del nemico Asbite
 so ch'Emira la figlia
65amasti a mio dispetto; e mi rammento
 che sospirar ti vidi
 nel dì ch'io tolsi a lui la vita e 'l regno.
 Odio allor mi giurasti;
 e, se Emira vivesse,
70chi sa fin dove il tuo furor giungesse.
 SIROE
 Appaga pure, appaga
 quel cieco amor che a me ti rende ingiusto.
 Sconvolgi per Medarse
 gli ordini di natura. Il vegga in trono
75dettar leggi la Persia; e me frattanto
 confuso tra la plebe
 de' popoli vassalli
 imprimer vegga in su l'imbelle mano
 baci servili al mio minor germano.
80Chi sa; vegliano i numi
 in aiuto agli oppressi. Egli è secondo
 d'anni e di merti; e ci conosce il mondo.
 COSROE
 Infino alle minacce,
 temerario, t'inoltri? Io voglio...
 MEDARSE
                                                          Ah padre,
85non ti sdegnare. A lui concedi il trono;
 basta a me l'amor tuo.
 COSROE
                                           No, per sua pena
 voglio che in questo dì suo re t'adori;
 voglio oppresso il suo fasto; e veder voglio
 qual mondo s'armi a sollevarlo al soglio.
 
90   Se il mio paterno amore
 sdegna il tuo core altero,
 più giudice severo
 che padre a te sarò.
 
    E l'empia fellonia,
95che forse volgi in mente,
 prima che adulta sia,
 nascente opprimerò. (Parte)
 
 SCENA II
 
 SIROE e MEDARSE
 
 SIROE
 E puoi senza arrossirti
 fissar, Medarse, in sul mio volto i lumi?
 MEDARSE
100Olà, così favella
 Siroe al suo re? Sai che de' giorni tuoi
 oggi l'arbitro io sono?
 Cerca di meritar la vita in dono.
 SIROE
 Troppo presto t'avanzi
105a parlar da monarca. In su la fronte
 la corona paterna ancor non hai;
 e per pentirsi al padre
 rimane ancor di questo giorno assai.
 
 SCENA III
 
 EMIRA in abito d’uomo, col nome d’Idaspe, e detti
 
 EMIRA
 Perché di tanto sdegno,
110principi, vi accendete?
 Ah cessino una volta
 le fraterne contese. In sì bel giorno
 d'amor, di genio eguali
 Seleucia vi rivegga e non rivali.
 MEDARSE
115A placar m'affatico
 gli sdegni del germano;
 tutto sopporto e m'affatico invano.
 SIROE
 Come finge modestia!
 EMIRA
                                           È a me palese
 l'umiltà di Medarse.
 SIROE
                                        Ah, caro Idaspe,
120è suo costume antico
 d'insultar simulando.
 MEDARSE
                                          Il senti, amico? (Ad Emira)
 Quant'odio in seno accolga
 vedilo al volto acceso, al guardo bieco.
 EMIRA
 Parti; non l'irritar; lasciami seco. (A Medarse)
 SIROE
125Perfido!
 MEDARSE
                   Oh dio! M'oltraggi
 senza ragion. Deh tu lo placa, Idaspe;
 digli che adoro in lui
 della Persia il sostegno e il mio sovrano.
 EMIRA
 Vanne. (A Medarse)
 MEDARSE
                  (Il trionfo mio non è lontano). (Parte)
 
 SCENA IV
 
 EMIRA e SIROE
 
 SIROE
130Bella Emira adorata.
 EMIRA
 Taci, non mi scoprir; chiamami Idaspe.
 SIROE
 Nessun ci ascolta e solo
 a me nota qui sei.
 Senti qual torto io soffro
135dal padre ingiusto.
 EMIRA
                                     Io già l'intesi; e intanto
 Siroe che fa? Riposa
 stupido e lento in un letargo indegno?
 E, allor che perde un regno,
 quasi inerme fanciullo armi non trova,
140onde contrasti al suo destin crudele,
 che infecondi sospiri e che querele?
 SIROE
 Che posso far?
 EMIRA
                              Che puoi?
 Tutto potresti. A tuo favor di sdegno
 arde il popol fedele. Un colpo solo
145il tuo trionfo affretta
 ed unisce alla tua la mia vendetta.
 SIROE
 Che mi chiedi, mia vita?
 EMIRA
                                                Un colpo io chiedo
 necessario per noi. Sai qual io sia?
 SIROE
 Lo so; l'idolo mio,
150l'indica principessa, Emira sei.
 EMIRA
 Ma quella io sono a cui da Cosroe istesso
 Asbite il genitor fu già svenato;
 ma son quella infelice
 che sotto ignoto ciel, priva del regno,
155erro lontan dalle paterne soglie,
 per desio di vendetta, in queste spoglie.
 SIROE
 Oh dio! Per opra mia
 nella reggia t'avanzi e giungi a tanto
 che di Cosroe il favor tutto possiedi;
160e ingrata a tanti doni
 puoi rammentarti e la vendetta e l'ira?
 EMIRA
 Ama Idaspe il tiranno e non Emira.
 Pensa, se tua mi brami,
 ch'io voglio la sua morte.
 SIROE
                                                Ed io potrei
165da Emira essere accolto
 immondo di quel sangue
 e coll'orror d'un parricidio in volto?
 EMIRA
 Ed io potrei spergiura
 veder del padre mio l'ombra negletta,
170pallida e sanguinosa
 girarmi intorno e domandar vendetta,
 e fra le piume intanto
 posar dell'uccisore al figlio accanto?
 SIROE
 Dunque...
 EMIRA
                      Dunque, se vuoi
175stringer la destra mia, Siroe, già sai
 che devi oprar.
 SIROE
                               Non lo sperar giammai.
 EMIRA
 Senti; se il tuo mi nieghi,
 è già pronto altro braccio. In questo giorno
 compir l'opra si deve; e sono io stessa
180premio della vendetta. Il colpo altrui
 se la tua destra prevenir non osa,
 non salvi il padre e perderai la sposa.
 SIROE
 Ah, non son questi, o cara,
 que' sensi onde addolcivi il mio dolore.
185Qui l'odio ti conduce;
 e fingi a me che ti conduca amore.
 EMIRA
 Io ti celai lo sdegno,
 finché Cosroe fu padre; or che è tiranno,
 vendicar teco volli i torti miei;
190né il figlio in te più ritrovar credei.
 SIROE
 Parricida mi brami! E sì gran pena
 merta l'ardir d'averti amata?
 EMIRA
                                                        Assai
 m'è palese il tuo cor; no che non m'ami.
 SIROE
 Non t'amo?
 EMIRA
                         Ecco Laodice; ella, che gode
195l'amor tuo, lo dirà.
 SIROE
                                     Soffro costei
 sol per Cosroe che l'ama; in lei lusingo
 un potente nemico.
 
 SCENA V
 
 LAODICE e detti
 
 EMIRA
                                      Alfin giungesti
 a consolar, Laodice, un fido amante.
 Oh quante volte, oh quante
200ei sospirò per te!
 LAODICE
                                  L'afferma Idaspe,
 il crederò.
 EMIRA
                      Ti dirà Siroe il resto.
 SIROE
 (Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)
 LAODICE
 E potrei lusingarmi
 che s'abbassi ad amarmi, (A Siroe)
205prence illustre, il tuo cor?
 EMIRA
                                                 Per te sicuro
 è l'amor suo.
 SIROE
                           Per lei? (Piano ad Emira)
 EMIRA
                                            Taci, spergiuro. (Piano a Siroe)
 LAODICE
 E rende amor sì poco
 il suo labbro loquace?
 EMIRA
 Sai che un fido amatore avvampa e tace.
 LAODICE
210Ma il silenzio del labbro
 tradiscon le pupille; ed ei né meno
 gira un guardo al mio volto; anzi confuso
 stupidi fissa in terra i lumi suoi.
 Direi che disapprova i detti tuoi.
 EMIRA
215Eh Laodice, t'inganni.
 Siroe tu non conosci; io lo conosco.
 D'Idaspe egli ha rossore.
 SIROE
 Non è vero, idol mio. (Piano ad Emira)
 EMIRA
                                          Sì, traditore. (Piano a Siroe)
 LAODICE
 Siroe rossor! Sinora
220taccia non ha; ma, se v'è taccia in lui,
 sai che è l'ardir, non la modestia.
 EMIRA
                                                              Amore
 cangia affatto i costumi;
 rende il timido audace,
 fa l'audace modesto.
 SIROE
225(Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)
 EMIRA
 Meglio è lasciarvi in pace. a' fidi amanti
 ogni altra compagnia troppo è molesta.
 LAODICE
 Idaspe, e pur mi resta
 un gran timor ch'ei non m'inganni.
 EMIRA
                                                                  Affatto
230condannar non ardisco il tuo sospetto.
 Mai nel fidarsi altrui
 non si teme abbastanza; il so per prova.
 Rara in amor la fedeltà si trova.
 
    D'ogni amator la fede
235è sempre mal sicura;
 piange, promette e giura,
 chiede, poi cangia amore,
 facile a dir che muore,
 facile ad ingannar.
 
240   E pur non ha rossore
 chi un dolce affetto obblia,
 come il tradir non sia
 gran colpa nell'amar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SIROE e LAODICE
 
 LAODICE
 Siroe, non parli? Or di che temi? Idaspe
245più presente non è; spiega il tuo foco.
 SIROE
 (Che importuna!) Ah Laodice,
 scorda un amor che è tuo periglio e mio.
 Se Cosroe, che t'adora,
 giunge a scoprir...
 LAODICE
                                    Non paventar di lui;
250nulla saprà.
 SIROE
                         Ma Idaspe...
 LAODICE
                                                  Idaspe è fido
 e approva il nostro amore.
 SIROE
 Non è sempre d'accordo il labbro e il core.
 LAODICE
 Ci tormentiamo invano,
 s'altra ragion non v'è per cui si ponga
255tanto affetto in obblio.
 SIROE
 Altre ancor ve ne son. Laodice, addio.
 LAODICE
 Senti; perché tacerle?
 SIROE
                                           Oh dio! Risparmia
 la noia a te d'udirle,
 a me il rossor di palesarle.
 LAODICE
                                                  E vuoi
260sì dubbiosa lasciarmi? Eh dille, o caro.
 SIROE
 (Che pena!) Io le dirò... No no, perdona,
 deggio partir.
 LAODICE
                            Nol soffrirò, se pria
 l'arcano non mi sveli.
 SIROE
                                          Un'altra volta
 tutto saprai.
 LAODICE
                          No no.
 SIROE
                                         Dunque m'ascolta.
265Ardo per altra fiamma; e son fedele
 a più vezzosi rai;
 non t'amerò, non t'amo e non t'amai.
 E se speri ch'io possa
 cangiar voglia per te, lo speri invano;
270mi sei troppo importuna. Ecco l'arcano.
 
    Se il labbro amor ti giura,
 se mostra il ciglio amor,
 il labbro è mentitor,
 t'inganna il ciglio.
 
275   Un altro cor procura;
 scordati pur di me;
 e sia la tua mercé
 questo consiglio. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 LAODICE sola
 
 LAODICE
 E tollerar potrei
280così acerbo disprezzo? Ah non fia vero.
 Si vendichi l'offesa; ei non trionfi
 del mio rossor. Mille nemici a un punto
 contro gli desterò; farò che il padre
 nell'affetto e nel regno
285lo creda suo rival; farò che tutte
 Arasse il mio germano
 a Medarse in aita offra le schiere.
 E se non godo appieno,
 non sarò sola a sospirare almeno.
 
 SCENA VIII
 
 ARASSE e detta
 
 ARASSE
290Di te, germana, in traccia
 sollecito ne vengo.
 LAODICE
                                    Ed opportuno
 giungi per me.
 ARASSE
                              Più necessaria mai
 l'opra tua non mi fu.
 LAODICE
                                        Né mai più ardente
 bramai di favellarti. Or sappi...
 ARASSE
                                                           Ascolta.
295Cosroe, di sdegno acceso,
 vuol Medarse sul trono. Il cenno è dato
 del solenne apparato; il popol freme,
 mormorano le squadre.
 Tu dell'ingiusto padre
300svolgi, se puoi, lo sdegno;
 ed in Siroe un eroe conserva al regno.
 LAODICE
 Siroe un eroe? T'inganni; ha un'alma in seno
 stoltamente feroce, un cor superbo
 che solo è di sé stesso
305insano ammirator, che altri non cura,
 e che tutto in tributo
 il mondo al suo valor crede dovuto.
 ARASSE
 Che insolita favella! E credi...
 LAODICE
                                                        E credo
 necessaria per noi la sua ruina.
310La caduta è vicina;
 non t'opporre alla sorte.
 ARASSE
                                              E chi mai fece
 così cangiar Laodice?
 LAODICE
 Penetrar quest'arcano a te non lice.
 ARASSE
 Condannerà ciascuno
315il tuo genio volubile e leggiero.
 LAODICE
 Costanza è spesso il variar pensiero.
 
    O placido il mare
 lusinghi la sponda
 o porti con l'onda
320terrore e spavento,
 è colpa del vento,
 sua colpa non è.
 
    S'io vo con la sorte
 cangiando sembianza,
325virtù l'incostanza
 diventa per me. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 ARASSE solo
 
 ARASSE
 Non tradirò per lei
 l'amicizia e il dover. Chi sa qual sia
 la taciuta cagione, ond'è sdegnata?
330Sarà ingiusta o leggiera; è stile usato
 del molle sesso. Oh quanto,
 quanto, donne leggiadre,
 saria più caro il vostro amore a noi,
 se costanza e beltà s'unisse in voi!
 
335   L'onda che mormora
 tra sponda e sponda,
 l'aura che tremola
 tra fronda e fronda
 è meno instabile
340del vostro cor.
 
    Pur l'alme semplici
 de' folli amanti
 sol per voi spargono
 sospiri e pianti
345e da voi sperano
 fede in amor. (Parte)
 
 SCENA X
 
 Camera interna di Cosroe con tavolino e sedia.
 
 SIROE con foglio
 
 SIROE
 All'insidie d'Emira
 si tolga il genitor. Con questo foglio,
 di mentiti caratteri vergato,
350si palesi il periglio
 ma si celi l'autor. Se il primo io taccio,
 tradisco il padre; e se il secondo io svelo,
 sacrifico il mio ben. Così... Ma parmi (Posa il foglio sul tavolino)
 che il re s'inoltri a questa volta. Oh dio!
355Che farò? S'ei mi vede,
 dubiterà che venga
 da me l'avviso ed a scoprirgli il reo
 m'astringerà. Meglio è celarsi. O numi,
 da voi difesa sia
360Emira, il padre e l'innocenza mia.
 
 SCENA XI
 
 COSROE, SIROE in disparte; poi LAODICE
 
 COSROE
 Che da un superbo figlio
 prenda leggi il mio cor, troppo sarei
 stupido in tollerarlo. E quale, o cara, (Vedendo Laodice)
 insolita ventura a me ti guida?
 LAODICE
365Vengo a chieder difesa. In questa reggia
 non basta il tuo favor, perch'io non tema.
 V'è chi m'oltraggia e chi m'insulta.
 COSROE
                                                                 A tanto
 chi potrebbe avanzarsi?
 LAODICE
                                              E il mio delitto
 è l'esser fida a te.
 COSROE
                                   Scopri l'indegno
370e lascia di punirlo a me la cura.
 LAODICE
 Un tuo figlio procura
 di sedurre il mio amor; perch'io ricuso
 di renderlo contento,
 minaccia il viver mio.
 SIROE
                                           (Numi, che sento!)
 COSROE
375Dell'amato Medarse
 esser colpa non può. Siroe è l'audace.
 LAODICE
 Purtroppo è ver. Tu vedi
 qual uopo ho di soccorso. Imbelle e sola
 contro un figlio real che far poss'io?
 SIROE
380(Tutto il mondo congiura a danno mio).
 COSROE
 Anche in amor costui
 rivale ho da soffrir! Tergi i bei lumi,
 rassicurati, o cara. Ah Siroe ingrato, (Passeggiando)
 ancor questo da te! Cosroe non sono,
385s'io non farò... Basta... Vedrai...
 SIROE
                                                           (Che pena!)
 LAODICE
 (Fu mio saggio consiglio
 il prevenir l'accusa).
 COSROE
                                        Indegno figlio! (Siede e s’avvede del foglio; lo prende e legge da sé)
 LAODICE
 S'io preveder potea
 nel tuo cor tanto affanno, avrei... (Qual foglio
390stupido ei legge e impallidisce!)
 COSROE
                                                             Oh numi!
 E che di più funesto
 può minacciarmi il ciel! Che giorno è questo! (S’alza)
 LAODICE
 Che ti affligge, o signor?
 
 SCENA XII
 
 MEDARSE e detti
 
 MEDARSE
                                               Padre, io ti miro
 cangiato in volto.
 COSROE
                                  Ah! Senti,
395caro Medarse, e inorridisci.
 MEDARSE
                                                     (Un foglio!)
 LAODICE
 (Che mai sarà!)
 COSROE
                                «Cosroe, chi credi amico (Legge)
 insidia la tua vita. In questo giorno
 il colpo ha da cader. Temi in ciascuno
 il traditor. Morrai, se i tuoi più cari
400della presenza tua tutti non privi.
 Chi t'avvisa è fedel; credilo e vivi».
 LAODICE
 Gelo d'orrore.
 COSROE
                             E qual pietà crudele
 è il salvarmi così? Da mano ignota
 mi vien l'avviso e mi si tace il reo!
405Dunque temer degg'io
 gli amici, i figli? In ogni tazza ascosa
 crederò la mia morte? In ogni acciaro
 la minaccia crudel vedrò scolpita?
 E questo è farmi salvo? E questa è vita?
 SIROE
410(Misero genitor!)
 MEDARSE
                                   (Non si trascuri
 sì opportuna occasion).
 COSROE
                                             Medarse tace,
 Laodice non favella?
 LAODICE
                                        Io son confusa.
 MEDARSE
 S'io non parlai finor, volli al tuo sdegno
 un reo celar che ad ambi è caro. Alfine
415quando giunge all'estremo il tuo cordoglio,
 non ho cor di tacerlo. È mio quel foglio.
 SIROE
 (Ah mentitor!)
 COSROE
                               L'empio conosci e ancora
 l'ascondi all'ira mia?
 MEDARSE
                                         Padre adorato, (S’inginocchia)
 perdona al traditor; basti che salvi
420siano i tuoi giorni. Ah! Non voler nel sangue
 di questo reo contaminar la mano.
 Chi t'insidia è tuo figlio, è mio germano.
 SIROE
 (Che tormento è tacer!)
 COSROE
                                              Sorgi. A Medarse
 chi l'arcano scoprì?
 MEDARSE
                                      Fu Siroe istesso.
 LAODICE
425Chi 'l crederebbe?
 MEDARSE
                                     Ei mi volea compagno
 al crudel parricidio. Invan m'opposi;
 la tua morte giurò, perciò Medarse
 in quel foglio scoprì l'empio desio.
 SIROE
 Medarse è un traditor. Quel foglio è mio. (Si scopre)
 MEDARSE
430(Oh ciel!)
 LAODICE
                     (Che veggio mai!)
 COSROE
                                                        Siroe nascoso
 nelle mie stanze!
 MEDARSE
                                  Il suo delitto è certo.
 SIROE
 Ei mente. A te mi trasse
 il desio di salvarti. Un core ardito
 ti desidera estinto e sei tradito.
 
 SCENA XIII
 
 EMIRA sotto nome d’Idaspe e detti
 
 EMIRA
435Chi tradisce il mio re? Per sua difesa
 ecco il braccio, ecco l'armi.
 SIROE
 Solo Idaspe mancava a tormentarmi.
 COSROE
 Vedi, amico, a qual pena (Dà il foglio ad Emira, la quale lo legge da sé)
 mi serba il ciel.
 LAODICE
                               (Che inaspettati eventi!)
 EMIRA
440Donde l'avviso? È noto il reo? (Rende il foglio a Cosroe)
 MEDARSE
                                                         Medarse
 tutto svelò.
 SIROE
                       Il germano
 t'inganna, Idaspe; io palesai l'arcano.
 COSROE
 Dunque perché non scopri
 l'insidiator?
 SIROE
                          Dirti di più non deggio.
 EMIRA
445Perfido, e in questa guisa
 di mentita virtù copri il tuo fallo?
 A chi giovar pretendi? Hai già tradito
 l'offensore e l'offeso. Ei non è salvo;
 interrotto è il disegno;
450e vanti per tua gloria un foglio indegno?
 Traditore, io vorrei...
 Ah, questi impeti miei, (A Cosroe)
 signor, perdona; è il mio dover che parla.
 Perché son fido al padre
455io non rispetto il figlio.
 È mio proprio interesse il tuo periglio.
 LAODICE
 (Che ardir!)
 COSROE
                          Quanto ti deggio, amato Idaspe!
 Impara, ingrato, impara. Egli è straniero,
 tu sei mio sangue; il mio favore a lui,
460a te donai la vita; e pure, ingrato,
 ei mi difende e tu m'insidi il trono.
 SIROE
 Difendermi non posso e reo non sono.
 MEDARSE
 L'innocente non tace; io già parlai.
 EMIRA
 Via, che pensi? Che fai? Chi giunse a tanto
465può ben l'opra compir. Tu non rispondi?
 So perché ti confondi. Hai pena e sdegno
 che del tuo core indegno
 tutta l'infedeltà mi sia palese,
 perciò taci e arrossisci,
470perciò né meno in volto osi mirarmi.
 SIROE
 Solo Idaspe mancava a tormentarmi.
 COSROE
 Medarse, quel silenzio
 giustifica l'accusa.
 MEDARSE
                                    Io non mentisco.
 EMIRA
 Se un mentitor si cerca,
475Siroe sarà.
 SIROE
                       Ma questo è troppo, Idaspe.
 Non ti basta? Che vuoi?
 EMIRA
                                              Vuo' che tu assolva
 da' sospetti il mio re.
 SIROE
                                         Che dir poss'io?
 EMIRA
 Di' che il tuo fallo è mio. Di' pur ch'io sono
 complice del delitto, anzi che tutta
480è tua la fedeltà, la colpa è mia.
 Capace ancor di questo egli saria. (A Cosroe)
 COSROE
 Ma lo sarebbe invan. Facile impresa
 l'ingannarmi non è. So la tua fede.
 EMIRA
 Così fosse per te di Siroe il core.
 COSROE
485Lo so ch'è un traditore. Ei non procura
 difesa né perdono.
 SIROE
 Difendermi non posso e reo non sono.
 MEDARSE
 E non è reo chi niega
 al padre un giuramento?
 LAODICE
490Non è reo l'ardimento
 del tuo foco amoroso?
 COSROE
 Non è reo chi nascoso
 io stesso ho qui veduto?
 EMIRA
 Non è reo chi ha potuto
495recar quel foglio e si sgomenta e tace
 quando seco io ragiono?
 SIROE
 Tutti reo mi volete e reo non sono.
 
    La sorte mia tiranna
 farmi di più non può;
500m'accusa e mi condanna
 un'empia ed un germano,
 l'amico e il genitor.
 
    Ogni soccorso è vano;
 che più sperar non so.
505So che fedel son io,
 e che la fede, oh dio!
 in me diventa error. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 COSROE, EMIRA, MEDARSE e LAODICE
 
 COSROE
 Olà, s'osservi il prence. (Alle guardie verso la scena)
 EMIRA
                                              Alla tua cura
 io veglierò.
 MEDARSE
                        Quand'hai tant'alme fide,
510paventi un traditor?
 LAODICE
                                        Troppo t'affanni.
 COSROE
 Chi sa qual sia fedele e qual m'inganni?
 EMIRA
 E puoi temer di me?
 COSROE
                                         No, caro Idaspe.
 Anzi tutta confido
 al tuo bel cor la sicurezza mia.
515Scopri l'indegna trama
 ed in Cosroe difendi un re che t'ama.
 EMIRA
 Ad anima più fida
 commetter non potevi il tuo riposo.
 Del mio dover geloso, il sangue istesso
520io verserò, signor, quando non basti
 tutta l'opra e il consiglio.
 COSROE
 Trovo un amico, allor che perdo un figlio.
 
    Dal torrente, che ruina
 per la gelida pendice,
525sia riparo a un infelice
 la tua bella fedeltà.
 
    Il periglio s'avvicina;
 a fuggirlo è incerto il piede;
 se gli manca la tua fede,
530altra scorta un re non ha. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 EMIRA, MEDARSE e LAODICE
 
 MEDARSE
 Avresti mai creduto
 in Siroe un traditor?
 LAODICE
                                         Tanto infedele
 lo prevedesti e temerario tanto?
 EMIRA
 E qual viltade è questa
535d'insultar chi non v'ode? Alfin dovrebbe
 più rispetto Medarse ad un germano,
 a un principe Laodice.
 Non sempre delinquente è un infelice.
 MEDARSE
 Che pietà!
 LAODICE
                       Che difesa!
 MEDARSE
                                              E tu finora
540non l'insultasti?
 LAODICE
                                Or qual cagion ti muove
 a sdegnarti con noi?
 EMIRA
 A me lice insultarlo e non a voi.
 MEDARSE
 Così presto ti cangi? Or lo difendi,
 or lo vorresti oppresso.
 EMIRA
545A voi par ch'io mi cangi e son l'istesso.
 LAODICE
 L'istesso! Io non t'intendo.
 MEDARSE
                                                   Eh non produce
 sì diversa favella un sol pensiero.
 EMIRA
 So che strano vi sembra e pure è vero.
 
    Vedeste mai sul prato
550cader la pioggia estiva?
 Talor la rosa avviva
 alla viola appresso;
 figlio del prato istesso
 è l'uno e l'altro fiore;
555ed è l'istesso umore
 che germogliar li fa.
 
    Il cor non è cangiato,
 se accusa o se difende.
 Una cagion m'accende
560di sdegno e di pietà. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LAODICE e MEDARSE
 
 LAODICE
 Gran mistero in que' detti Idaspe asconde.
 MEDARSE
 Semplice, e tu lo credi? A te dovrebbe
 esser nota la corte. È di chi gode
 del principe il favor questo il costume.
565Gli enigmi artifiziosi
 sembrano arcani ascosi. Allor che il volgo
 gl'intende men, più volentier gli adora,
 figurandosi in essi
 quel che teme o desia ma sempre invano,
570che v'è è spesso l'enigma e non l'arcano.
 LAODICE
 Non credo che sian tali
 d'Idaspe i sensi. È ver ch'io non gl'intendo;
 ma vo, quando l'ascolto,
 cangiando al par di lui voglia e pensiero;
575né so più quel che temo o quel che spero.
 
    L'incerto mio pensier
 non ha di che temer,
 di che sperar non ha;
 e pur temendo va,
580pur va sperando.
 
    Senza saper perché
 n'andò così da me
 la pace in bando. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 MEDARSE
 
 MEDARSE
 Gran cose io tento; e l'intrapreso inganno
585mostra il premio vicino. In mezzo a tanti
 perigliosi tumulti io non pavento.
 Non si commetta al mar chi teme il vento.
 
    Fra l'orror della tempesta
 che alle stelle il volto imbruna,
590qualche raggio di fortuna
 già comincia a scintillar.
 
    Dopo sorte sì funesta
 sarà placida quest'alma
 e godrà tornata in calma
595i perigli rammentar. (Parte)
 
 Fine dell’atto primo